SETTEMBRE

(il vero Capodanno)
Da qualche parte ho letto che non possiamo più considerare il primo di gennaio come il primo giorno dell’anno, ma che invece questo onore spetta al primo di settembre. Pensandoci, in fondo è vero. È a settembre che si ricomincia sul serio, si torna dalle vacanze, si pianifica il nuovo anno, si fanno buoni propositi, si mette in ordine.
Per me, almeno, è sempre stato così. Settembre ha significato per anni il ritorno a scuola, il passaggio da una classe all’altra, come se si diventasse davvero più grandi soltanto il primo giorno di scuola. In due diversi settembre sono partita per l’Erasmus, con una grande agitazione nella mente e nel cuore. L’anno scorso, settembre è stato il mese in cui sono passata da tirocinante a dipendente, nell’azienda in cui lavoravo.
Per tutti questi motivi, questo primo di settembre mi è sembrato di aprire un nuovo capitolo; lo sentivo nell’aria, che si è fatta più fresca dopo le piogge degli ultimi giorni di agosto, e che al mio naso era portatrice di novità e occasioni.
Come ogni anno, il primo di settembre mi sono svegliata con grandi aspettative, con mille piani per il futuro, la voglia di fare cento cose diverse, iscrivermi, seguire, imparare, recuperare, ricordare… Mi sono sentita come se il mio anno personale si fosse concluso il 31 agosto e fosse ora di voltare pagina e preparare tutta una nuova vita.
In qualche modo è stato davvero così, perché il primo di settembre ho cominciato a dare lezioni di inglese alla mia prima vera studentessa. Non è certo come dare ripetizioni, perché stiamo costruendo il percorso insieme, senza seguire un programma obbligato e obbligatorio. Prima di cominciare ho abbozzato una traccia per le lezioni, ma sono sicura (felicemente sicura) che le deviazioni saranno la regola, perché non si possono imparare le lingue in modo statico, seguendo il percorso prefissato come un cavallo con il paraocchi.
Ha dell’incredibile, ma anche quest’anno settembre è stato associato al rientro in classe, nonostante tutto. E mi sono ritrovata a pensare. Mi è sempre piaciuto andare a scuola, e per fortuna sono sempre capitata in buone classi, dove si instaurava un rapporto di cooperazione tra studenti e insegnanti. Devo dire che anche all’università sono riuscita a trovare dei compagni con cui condividere quotidianamente gioie e dolori, e ne sono davvero grata.
Gli anni migliori sono stati quelli del liceo, perché fino agli ultimi mesi del quinto anno non avevo la più pallida idea di quale università avrei scelto. Ed era bellissimo così, perché avevo tutte le porte aperte, potevo alzarmi la mattina e decidere di intraprendere una strada, per poi cambiare idea il mese dopo. Certo, le lingue sono sempre state un punto fermo, ma potevo andare ovunque (più o meno, eh, non avrei mai fatto matematica).
Quello che più mi manca degli anni da studentessa è il cameratismo che si crea per superare interrogazioni, verifiche, esami. Ho notato che nel mondo del lavoro, ma soprattutto nel mondo delle partite IVA, si tende piuttosto a essere rivali. Un esempio: sulla rete si trovano tantissimi gruppi più o meno informali di traduttori e interpreti, dove ci si scambiano esperienze e consigli, ma anche, devo dirlo, insulti non sempre velati e bastoni tra le ruote. Insomma, siamo tutti stati novellini, abbiamo tutti cominciato dalla base, ci siamo tutti posti le stesse domande! È chiaro che per chi lavora nel settore da anni il problema di quali tariffe applicare o come comportarsi con un determinato tipo di testo non si pone più, ma questo non vuol dire che bisogna mangiare la faccia a chi fa domande ingenue. Domande che, per chi è agli inizi, sono le fondamenta.
Per il momento non sono ancora stata presa a male parole per una domanda, ma in un paio di occasioni ho chiesto delucidazioni in merito a fatture e altre questioni contabili e ho sempre ricevuto risposte vaghe, per la serie “faccio finta di aiutarti per farti capire che sono un professionista navigato ma in realtà giro intorno alla tua domanda e non ti rispondo così mentre leggi la mia risposta aggrotti la fronte e devi rileggerla perché non hai capito niente e infatti non c’è niente da capire perché non ti ho dato una risposta utile”. Hai aggrottato la fronte mentre leggevi l’ultima frase? Ecco, certe risposte di certi cosiddetti colleghi funzionano così. Sono momenti in cui rispondi “vaffa” ad alta voce, poi cerchi di comporre una replica pacata che chiuda la conversazione.
Ti chiedo scusa per queste riflessioni agrodolci, non sono tutti così, ci sono anche molti colleghi con cui fare rete, con cui si condivide un progetto e si finisce per scambiarsi opinioni e incoraggiamenti anche a distanza di tempo. Grazie a queste persone la vita da freelance non è poi così malvagia.
*
Ed eccoci qui alla recensione del mese.
Ho letto l’ultimo fantasy tre anni fa, una saga in francese che mi ha accompagnata nei primi mesi del mio Erasmus a Bruxelles, così ho deciso che era giunto il momento di recuperare una vecchia passione. Ho scelto un’uscita recente:
Il Mare Senza Stelle, di Erin Morgenstern, nella traduzione di Donatella Rizzati (Fazi Editore, collana Lainya).
Da dove cominciare. È un fantasy di riflessione, più che d’azione. Non ci sono epiche battaglie, né viaggi impossibili, né creature mitologiche o personaggi crudelissimi. O almeno, direi che non ci sono nella storia principale. In questo libro ci sono storie, ci sono porte, ci sono altri libri. Ci sono destini che si incrociano, occhi che vedono il futuro e custodi senza tempo.
Il protagonista, Zachary Ezra Rawlins, è un nerd appassionato di videogiochi e un giorno trova un libro misterioso che parla di un episodio della sua infanzia. Per cercare di capire da dove arriva quel libro, Zachary scopre un mondo sotterraneo, destinato a morire e a rivivere, così come la fine di una storia segna l’inizio di un’altra. Ogni altro personaggio che si incontra nel libro, una pittrice, una collezionista, un uomo che ha deciso di chiamarsi Dorian, persino innumerevoli gatti, non sono quello che sembrano, sono molto di più.
Non saprei scegliere una citazione calzante per questo libro, è possibile che aprendo una pagina a caso, e poi un’altra, e un’altra ancora, ritrovi una frase che mi ha colpita alla prima lettura. E che lettura sofferta è stata! Volevo saperne di più, ma non volevo che finisse in fretta, così mi sono obbligata a leggerlo piano piano. Ho sognato tantissimo a occhi aperti con questo libro, che finalmente mi ha riportata in un mondo fantasy che tanto mi mancava. Unica pecca, ho trovato una parte del finale un po’ troppo frettolosa, mi sarei aspettata di trovare un, non so, un “perché” più approfondito… Ma a parte questo mi è piaciuto davvero tanto.
Ed ecco, ho infine trovato cosa lasciarti: una stella di carta è stata spiegata e ripiegata per formare un minuscolo unicorno, ma l’unicorno ricorda il tempo in cui era una stella e un tempo precedente in cui era una parte di un libro e, a volte, l’unicorno sogna il tempo ancor prima di quando era un libro, quando era un albero, e il tempo anche più lontano di questo, quando era una stella diversa.
Alla prossima e… Avanti tutta!
Non avevo mai collegato il 1 settembre con un nuovo inizio, ma è anche vero che ho sempre rgionato in anno solare e anno scolastico come s fasero 2 vite parallele.
Colleghi invidiosi e a volte pieni di sé ce ne sono parecchi purtroppo, sembra quasi che aiutare qualcun altro sia fuori moda, e forse lo é per tanti ambiti.
Troppo egocentrismo in giro.
La sfida sta nel non farsi fagocitare da questo meccanismo e rimanere fedeli a se stessi e ai propri principi.
Prima o poi leggerò il libro del mese
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