CENTO ANNI DI GIANNI RODARI

(Di libri d’infanzia immortali)

Quest’anno, il 23 ottobre, ricorre il centenario della nascita di Gianni Rodari, così ho deciso di dedicargli l’articolo del mese.

Gianni Rodari è stato scrittore, giornalista, maestro e pedagogista; è nato nel 1920 a Omegna, sul lago d’Orta e i suoi libri continuano ad avere un posto di grande rilievo nella letteratura italiana. Non a caso, l’editore Lindau ha appena pubblicato Cipollino nel Paese dei Soviet, un saggio che analizza il successo ottenuto in URSS da Rodari.

Insieme alle tante iniziative dedicate a questo centenario, anche io ho deciso di fare la mia parte, perciò ho riletto La Freccia Azzurra, uscito per la prima volta nel 1964.
La mia copia è di Editori Riuniti, della seconda ristampa di maggio 1998, con le illustrazioni di Gianni Peg e Lorena Munforti.
Ho letto questo libro quando avevo sei o sette anni. Ricordo che mi era piaciuto tantissimo e che l’ho riletto più volte, anche a distanza di anni.

È stato il primo libro con il quale ho scoperto che i film non sono uguali ai libri da cui sono tratti; ho imparato che le trasposizioni cinematografiche sono simili alle storie su carta e a volte ne raccontano una versione un po’ diversa (ma questa è un’altra storia).

Il primo di ottobre, quando ho ripreso in mano La Freccia Azzurra, mi sono presa il tempo di studiarlo.
Subito prima del frontespizio una me bambina ha infilato un pezzo di carta rettangolare, ritagliato da un foglio A4, chiaramente a mano libera, perché il bordo destro non è parallelo al sinistro. Sopra il foglietto c’è scritto, in stampatello maiuscolo e a matita: “SEGNA LIBRO DI GIULIA ZAPPATERRA VIA F. TESTI xx!!!!!”. Semplice e chiaro, no?
Una me un po’ più grandicella ha apposto la propria firma in alto al centro sulla prima pagina bianca, con una penna rossa.
L’ho letto talmente tante volte che le pagine si sono un po’ scollate e alcune sono tenute insieme con lo scotch trasparente.

Di cosa parla questo libro? È la storia di una Befana burbera, quasi baronessa, che ha un negozio di giocattoli con le vetrine illuminate tutto l’anno, dove i bambini possono scegliere i regali che vorranno per l’Epifania e i genitori potranno comprarli. La Befana non regala niente, per lei i bambini poveri sono soltanto uno spreco di tempo.

Illustrazione dal libro La Freccia Azzurra

I giocattoli sono vivi, ognuno ha le proprie caratteristiche e la propria personalità, spesso influenzate dalle disattenzioni degli artigiani che li hanno costruiti. Così l’Orso Giallo è un po’ lento nei ragionamenti perché ha la testa piena di segatura, il Capitano Mezzabarba sta sempre girato da un lato per non far vedere che gli è stata dipinta soltanto metà barba, il Pilota Seduto non può mai lasciare il suo aeroplano perché non gli hanno costruito le gambe e il cane Spícciola non riesce ad abbaiare perché è soltanto un cane di pezza.
Nonostante tutti i difetti di fabbrica, i giocattoli sanno emozionarsi e affezionarsi e un giorno decidono di scappare. Per quale motivo?
Francesco, un bambino che a dieci anni deve lavorare per mantenere la famiglia, non può permettersi il meraviglioso trenino elettrico che si trova in primo piano nella vetrina della Befana. La Freccia Azzurra è troppo costosa e la Befana non si mette certo a fare regali a chi non può pagare.
Così, il cane Spícciola organizza la fuga: lui fiuterà le tracce del bambino e insieme agli altri giocattoli si farà trovare a casa sua nel giorno dell’Epifania.
Durante il tragitto, poco alla volta i giocattoli decidono di regalarsi ad altri bambini poveri, dimostrando coraggio nel partire da soli per una nuova avventura, e amore incondizionato.

In una delle parti più commoventi, la Bambola Rosa decide di rimanere con una vecchina che sta dormendo in un portone. Al mattino, però, la vecchina non si sveglia e la bambola verrà regalata alla figlia di un carabiniere. “Ma la Bambola Rosa non cessò mai di pensare alla vecchina tutta gelata accanto alla quale aveva passato la notte dell’Epifania. E ogni volta che pensava a quella vecchina si sentiva un grande freddo al cuore.

È una storia magnifica che insegna tantissimo: generosità, speranza, solidarietà, altruismo, rispetto di chi è diverso o in difficoltà. Dovrebbe trovarsi nella libreria di ogni bambino, per depositare un semino di amore nelle menti che si stanno formando.

I libri di Gianni Rodari non hanno solo contribuito, quasi vent’anni fa, a creare le fondamenta della persona che sono, ma hanno anche segnato alcune tappe della mia vita. Per esempio, a dieci anni mi sono rotta un dito e ho dovuto tenere il gesso per un mese. Quando sono andata al pronto soccorso subito dopo l’incidente (ero in casa, camminavo guardando una sorta di flipper che tenevo in mano e sono scivolata sul monopattino che c’era in mezzo alla stanza; mentre cadevo in avanti mi sono appoggiata con tutto il peso sulla mano sinistra e mi sono ritrovata con l’anulare fratturato) ho portato con me I cinque libri, una raccolta di favole, storie e filastrocche lunga più di 700 pagine. Ho cominciato il libro quel giorno, mentre aspettavo che mi mettessero il gesso e mi sono ripromessa che l’avrei finito quando me l’avessero tolto.

La mia storia preferita di questa raccolta è C’era due volte il barone Lamberto, pubblicata per la prima volta nel 1978 e ambientata sull’Isola di San Giulio, nel lago d’Orta, praticamente a casa di Rodari.

Il barone Lamberto è un uomo vecchissimo e ricchissimo, che possiede ventiquattro banche e numerose ville in giro per il mondo. Sull’isola vive con il fidato maggiordomo Anselmo, che si occupa di ogni aspetto della vita e della salute del barone. Un giorno, di ritorno da un viaggio in Egitto, il barone decide di assumere sei persone che dovranno ripetere a turno e in continuazione il suo nome (Lamberto, Lamberto, Lamberto…). Nel corso di alcune settimane, il barone comincia a ringiovanire. Il mondo esterno è ignaro di quanto sta accadendo sull’isola, e lo è anche l’unico nipote del barone, il giovane Ottavio, che ama scommettere ai birilli e scialacquare i soldi bevendo gazzosa. Deciso ad appropriarsi dell’eredità dello zio anche a costo di ucciderlo, Ottavio andrà sull’Isola di San Giulio. Entreranno in scena anche ventiquattro banditi, che prendono il barone in ostaggio e chiedono un risarcimento di un miliardo (di lire) a testa, e i ventiquattro direttori delle Banche Lamberto con i rispettivi ventiquattro segretari. Durante il periodo dell’assedio, sull’isola, e sulla terraferma dove si segue la vicenda con trepidazione, succederà di tutto.
Il lieto fine non manca, anche se rimane aperto com’è tipico di Rodari: “Non tutti saranno soddisfatti della conclusione della storia. […] Ogni lettore scontento del finale può cambiarlo a suo piacere, aggiungendo al libro un capitolo o due. O anche tredici. Mai lasciarsi spaventare dalla parola FINE.

Questa ricorrenza è stata una bella occasione per rispolverare vecchie storie che non smettono mai di avere qualcosa da raccontare, perché sanno essere attuali anche dopo tanti anni.

E tu? Hai in casa qualche libro della tua infanzia e di cui ti ricordi con affetto particolare?
Se ti va, lasciami un commento, sono curiosa!

Alla prossima e… Avanti tutta!

2 Comments on “CENTO ANNI DI GIANNI RODARI”

  1. La Freccia Azzurra letta a 6 anni, prima di andare alle elementari per verificare se il libro rispecchiava il film è stato l’inizio della cartiera di lettrice. Confermo.
    Il mio libro dell’infanzia è stato Il giornalino di Giamburasca, che ho letto dopo aver visto la serie televisiva. Mi sarebbe piaciuto essere Giamburasca e ribellarmi ai grandi prepotenti.
    Mi piace leggere i libri e poi vedere i film tratti dagli stessi, e spesso i libri sono meglio, danno più spazio alla fantasia.
    Lo faccio tutt’ora.
    Per quanto riguarda Rodari, Favole al telefono mi piace, perché c’è un papà sempre in giro per lavoro che trova comunque ilodo per stare vicino a suo figlio anche da lontano.
    Rodari insegna sempre qualcosa.

    Piace a 1 persona

    • Che bello Il giornalino di Giamburrasca! Ricordo che nel libro c’era una bellissima illustrazione, l’impronta delle mani di Giannino piene di fuliggine, quando cerca di scappare in treno. E ancora oggi mi basta leggere su un qualsiasi menu “pappa al pomodoro” che mi sento felice.
      Grazie per aver condiviso il pensiero su Favole al telefono 💜

      "Mi piace"

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