Chiudiamo in bellezza

(perché “Quando viene dicembre” era già preso)
Quest’anno ho trascurato tantissimo il blog. Non ce ne sarebbe stato motivo, perché ho lavorato e letto molto, ma si vede che mi sono lasciata un po’ prendere dalla sindrome dell’impostore.
L’ultimo articolo risale ad agosto, e come avevo scherzosamente predetto non mi sono più fatta sentire fino a Natale. Comunque, vedrò di fare un riassunto delle tante cose che mi sono successe.
Ad agosto, appunto, iniziavo il mio lavoro in una biblioteca di quartiere a Bologna. Sto continuando la mia avventura e non finisco mai d’imparare. Non mi stancherò mai di dire quanto lavorare in biblioteca sia diverso da quello che immagina di solito la gente. Non ce ne stiamo sedute dietro a un computer a prestare e consigliare i libri, ma abbiamo un mucchio di attività a cui badare. Ah, probabilmente avrai notato che ho usato il femminile, beh, nella mia biblioteca siamo tutte donne, una squadra fortissimi.
Tra le varie attività ci sono le letture con le scuole, di cui si occupano le mie colleghe più esperte, sapienti e pazienti di me. È fondamentale, perché proporre il libro giusto a bambini e ragazzini può far sì che diventino utenti abituali e che continuino a frequentare le biblioteche anche da adulti, ovunque si trasferiranno.
Ci sono siti internet e pagine social da seguire, perché in questa era tecnologica è importante far sapere a tutti cosa offre la biblioteca, sia in termini di novità (lo scorso mese sono arrivati i giochi da tavolo!) sia per promuovere eventi culturali.
E poi bisogna aprire e chiudere gli scuri e le finestre, controllare che non manchi nulla nei bagni, che il riscaldamento sia acceso, che non ci siano cartacce in giro, che le macchinette siano sempre rifornite, che ci siano abbastanza sedie nelle salette per gli studenti. E poi la cancelleria, gli ordini di nuovi libri, la sistemazione degli scaffali che molto spesso straripano.
A questo proposito, libri che ingombrano e che non lasciano spazio alle novità, soprattutto libri che ormai non vengono più letti, possono essere spostati in deposito, a volte chiamato magazzino, oppure essere proposti per lo scarto.
Da metà novembre ho iniziato un lavoro di questo tipo nella biblioteca di San Giovanni in Persiceto. L’edificio in cui si trova era un manicomio, e un intero piano, più un solaio, sono dedicati al magazzino.
Probabilmente ti chiederai che cos’è un lavoro di scarto. È proprio quello che sembra: si buttano via i libri. Ora, detta così sembra un’eresia (quante volte entra gente in biblioteca a “donare” libri che aveva in cantina, dimenticati da secoli, ingialliti, rovinati e ammuffiti, solo perché non se la sente di buttarli) ma è una procedura vitale per le biblioteche, per far sì che gli scaffali respirino, che gli utenti e i bibliotecari non vengano sommersi di robaccia durante le ricerche. Lo scarto serve a lasciare posto ai libri nuovi, a revisionare quello che si ha in deposito. Non è possibile tenere tutto, alcuni libri si sono rovinati col tempo o con le innumerevoli letture, o contengono informazioni superate, oppure semplicemente non vengono più letti (o addirittura non sono mai stati letti).
Ovviamente ci sono criteri ben precisi per scartare i libri e in ogni caso alla fine l’ultima parola spetta alla soprintendenza, che conferma o rettifica le scelte dei titoli proposti per lo scarto. Per esempio, qualsiasi libro che abbia almeno 50 anni non va scartato. Anche se è robaccia, deve essere tenuta. Oppure, libri di cui ci sono soltanto cinque copie in Italia. Stessa cosa: anche se è uno squallido libro di barzellette, con tutto il rispetto per i barzellettieri, se ci sono quattro copie in altre regioni e una nella biblioteca in cui si sta operando lo scarto, non superando le cinque copie si deve tenere. Poi ci sono altri criteri, ma quelli dipendono da biblioteca a biblioteca.
Ormai saprai che io amo l’oggetto libro, ma non ti nascondo che è una grande soddisfazione preparare gli scatoloni coi libri da buttare.
Mettiamo ora da parte l’argomento biblioteche e passiamo alla traduzione. In questi mesi ho lavorato molto, arrivando anche a stare al computer fino a dopo cena. Porto avanti traduzioni tecniche e di marketing, con un’agenzia di Roma con cui mi trovo benissimo, insieme alle mie adorate traduzioni letterarie. Potrebbero esserci sorprese per il prossimo anno, ma ancora non voglio anticipare niente.
Nell’ambito specifico della traduzione letteraria, sono ultra felice di essere socia de La Bottega dei Traduttori. È una realtà unica e incredibilmente umana, in cui traduttori e aspiranti tali si ritrovano e si danno una mano a vicenda. Ci scambiamo consigli, chiacchieriamo, creiamo nuovi contatti e formiamo una rete importantissima per la nostra professione.
Avevo già incontrato alcuni colleghi a maggio, quando ero stata saltellante e gioiosa come una pasqua al Salone del Libro di Torino, ma ho potuto conoscerne molti altri in un’esperienza incredibile di questo autunno, una due giorni di traduzione a Napoli. Io e una collega ne abbiamo scritto sul blog della Bottega. Ti basterà scorrere l’articolo e soffermarti sulle foto che ci ritraggono, siamo tutte sorridenti e felici di essere lì, insieme, a condividere e a farci forza.
Termino con qualche consiglio di lettura. Sto apprezzando moltissimo il Premio Nobel per la letteratura, Annie Ernaux. Ha una scrittura asciutta, autobiografica, con pochi fronzoli. Un grande applauso va ovviamente anche al suo traduttore italiano, Lorenzo Flabbi.
Simile è anche la danese Tove Ditlevsen, con La trilogia di Copenaghen edita in Italia da Fazi e tradotta da Alessandro Storti, di cui al momento ho letto il primo volume.
Negli ultimi mesi mi sono piaciuti molto anche Contrappasso di Andrea Delogu (HarperCollins) e I demoni di Wakenhyrst di Michelle Paver (Neri Pozza, traduzione di Francesca Cosi e Alessandra Repossi).
Anche questo articolo è arrivato alla fine, non mi resta altro che salutarti e augurarti buone feste.
Alla prossima e… Avanti tutta!
Ciao Giulia, come va?
La biblioteca sembra un po’ come la scuola o frequentare un corso creativo, dato che rimanete aggiornate su nuove proposte editoriali e simile. Il progetto di lettura con le scuole l’ho fatto anch’io nel 2005 e 2006 per Pordenonelegge, leggevo le storie in inglese ai bambini delle elementari (io ero alle medie).
Il lavoro di scarto non mi stupisce di per sé, più che altro mi dispiace per i libri mai letti. Qualcuno dovrebbe dargli una chance e non sprecarli.
Di narrativa ultimamente sto leggendo fumetti. Quest’anno ho purtroppo scoperto di avere tra le mani un Tom Sawyer riassunto e non integrale (e penso anche riassunto in modo pesante e poco scorrevole) e il Decamerone di Aldo Busi, che pure avevo iniziato a leggere, ma che ho interrotto perché è troppo mono-genere e troppo romantico. Inoltre, preferisco i romanzi lunghi ai brevi racconti. Comunque, se vuoi, ti passo anche i miei consigli. ^_^
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Ciao Fiore!
Bellissimo il tuo progetto per Pordenonelegge.
Purtroppo di libri ce ne sono un’infinità e alcuni si perdono. Non parlo solo di narrativa, ma anche di saggistica, che solitamente viene presa in prestito meno rispetto a romanzi e fumetti. E ti assicuro che a volte è un sollievo buttare certa robaccia.
Ti consiglio di trovare un Tom Sawyer integrale, e poi buttarti anche su Huckleberry Finn.
Ti riporto l’incipit dell’edizione tradotta da Marco Rossari: “Voi non sapete un bel niente di me, a meno che non avete letto un libro che si chiama Le avventure di Tom Sawyer, ma chi se ne frega.”
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