IL MAGICO MONDO DELLA TRADUZIONE

(ovvero, di quella volta in cui ho scoperto cosa fosse)

Ormai tutti, bene o male, sappiamo cos’è la traduzione. Sappiamo che fa parte della nostra vita molto più di quanto ne siamo coscienti, che alimenta di continuo le nostre giornate.

Oggi vorrei parlarti di quando mi sono resa conto di quale portentosa magia fosse.

Andiamo un po’ indietro negli anni, a quando ero una pargoletta iperattiva e curiosa. A quanto pare, le uniche cose che mi tenevano buona erano: il gelato, le passeggiate nel cuore della notte (fino ai tre anni) e i libri. Già, i libri.

Uno dei giorni più belli della mia vita è stato quando in terza elementare la maestra di italiano ci portò in biblioteca. Lì presi in prestito il primo libro di una lunghissima serie. “Hai un mese per restituirlo e se non lo finisci in tempo puoi telefonarci per prolungare”, così disse la bibliotecaria. Più o meno, ecco, non ricordo le parole esatte. Ma andiamo avanti.

Il libro che scelsi era Il segreto della famiglia Tenebrax, della collana Geronimo Stilton. Dopo tre giorni l’avevo finito. Lo rilessi un sacco di volte, prima di riportarlo in biblioteca il mese dopo. Ricordo che non lo restituii prima perché pensavo che quella data fosse un appuntamento

Diventai un’assidua frequentatrice della biblioteca e ormai le bibliotecarie si erano abituate a quella nanetta che vagava per gli scaffali col naso all’insù, o rannicchiata tutta storta per arrivare a leggere anche l’ultimo titolo proprio laggiù in fondo.

Fu durante una delle mie esplorazioni che trovai un libro in inglese, che avevo già letto in italiano. Penso fosse il primo volume della serie Artemis Fowl, di Eoin Colfer. Ma come? Perché mai qualcuno dovrebbe scrivere lo stesso libro in due lingue? Insomma, i libri in italiano sono scritti per gli italiani e quelli in altre lingue sono scritti per le persone che parlano le altre lingue… O no?

Misi a confronto i due libri. Davvero parlavano della stessa storia? Erano diversi, le copertine, le dimensioni… Cominciai a sfogliarli con attenzione, una pagina alla volta; fu allora che lessi: “Traduzione di Angela Ragusa”.

Ci misi un po’ a capire, ma poi, l’illuminazione. Certo, c’era qualcuno che scriveva in italiano i libri in altre lingue, perché sennò come altro avrei potuto leggere Roald Dahl, o Astrid Lindgren, o Eva Ibbotson, o…
Quando tornai a casa presi il dizionario, il favoloso Zingarelli del ’94, e mi lessi tutte le entrate che cominciavano per “tradu-”. Fu così che scoprì l’esistenza della figura del traduttore, un vero mago, che sapeva trasformare i libri scritti in altre lingue per farli leggere a me, che le lingue non le sapevo.

Probabilmente fu in quel momento che il mio subconscio decise che quella sarebbe stata anche la mia strada.

Cominciai a tradurre per puro diletto le storie dei libri che ci davano per le vacanze (per capirci, quelli della Black Cat – Cideb, che avevano anche il CD). Mi divertivo un sacco, soprattutto a rileggere, perché si capiva benissimo che quello che avevo scritto era influenzato dalla lingua di partenza e spesso la ricalcava.

Non ho sempre voluto fare la traduttrice, ho sognato di essere maestra di italiano, poi scrittrice, poi egittologa, in quarta superiore avevo persino preso in considerazione una laurea in biotecnologie o in chimica. In tutti questi cambi di direzione c’era però sempre un punto fisso: avrei di sicuro voluto studiare all’estero, perché l’italiano non mi bastava, avevo bisogno di altre lingue, di quello che solo loro sapevano trasmettermi, delle parole che mi sembrava esprimessero meglio un certo concetto, come quando ci si arrabbia e si impreca in dialetto.

Infine, ho scoperto che con la traduzione potevo essere quello che volevo. Dovevo lavorare per forza con due lingue in contemporanea e potevo cominciare con un testo in inglese, la settimana dopo esplorare il Congo col francese, il mese seguente avventurarmi in Perù con lo spagnolo. E non se ne ha mai abbastanza! Tutto diventa interessante, ogni testo è una sfida, ogni frase contiene un insegnamento, le parole in apparenza più semplici sono spesso quelle più difficili da trasportare nell’altra lingua. È un mondo di continue scoperte, un viaggio infinito alla ricerca del termine giusto, che può andar bene in quel contesto, ma sarà fuori luogo in un’altra frase. Allora via di nuovo, sempre alle calcagna di quella parola che “diavolo, ce l’ho sulla punta della lingua!”.

Come ormai avrai capito, per me la traduzione più affascinante è proprio quella letteraria, dove il traduttore diventa un giocoliere di parole, un equilibrista di frasi. Non è facile stare in equilibrio in questo mondo, perché trappole e tranelli sono dietro l’angolo e ogni parola dev’essere soppesata con attenzione. Bisogna fare tanta pratica, allenarsi con grande costanza come per una maratona. Finora il riscaldamento sta andando bene, non vedo l’ora di cominciare a correre sul serio.

Alla prossima dunque, e… Avanti tutta!

11 Comments on “IL MAGICO MONDO DELLA TRADUZIONE”

  1. Molto interessante, da come scrive si vede che leggi molto 🙂
    Cosa ne pensi della nuova traduzione del signore degli anelli? Hai seguito la vicenda? Ero curioso di un parere proveniente da una persona competente.

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    • Ohi ohi, qui mi cogli impreparata! Ho seguito un po’, sì, ma non abbastanza da avere un’opinione ben formata. Non ho letto la nuova traduzione, ma secondo me può solo arricchire. È vero che siamo affezionati a certi nomi propri, ad alcune immagini, ma ci sarà comunque sempre qualcuno che lo leggerà per la prima volta e che troverà il suo personale Signore degli Anelli nella nuova traduzione. Direi anche che non è stata una decisione presa alla leggera, né un compito affidato al primo che capitava.
      Un libro tradotto non è mai uguale all’originale, allora perché non averne più versioni e poi ognuno si sceglie quella che preferisce?

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  2. Io sfortunatamente ho assistito in questi mesi a discussioni nei vari gruppi, da cui poi mi sono tolto. Penso che ogni versione abbia pregi e difetti, ma leggendo un libro tradotto leggerai sempre una versione “differente” dall’originale, per quanto il traduttore si sforzi di attenersi al testo originale. Quindi mi vanno bene tutte le traduzioni se queste servono ad avvicinare persone alla lettura.

    Ultimamente ho notato che Mondadori spinge molto sul portare il fantasy in Italia, specie quelle saghe che all’estero sono famose. Sono nuove opportunità di lavoro? Come si diventa un traduttore che traduce per le grosse case?

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  3. Sono d’accordissimo con te, quando parli di avvicinare persone alla lettura. Soprattutto quando vengono ritradotti i classici, come Piccole Donne o Via col Vento. Le traduzioni nuove hanno spesso un linguaggio più moderno (passami il termine) e possono essere apprezzate da un pubblico più vasto.

    Purtroppo l’editoria in Italia non è messa granché bene, quindi le opportunità di lavoro sono comunque ridotte all’osso. Invece sto notando che poco alla volta le case editrici, soprattutto quelle indipendenti, prestano sempre più attenzione alla figura del traduttore e cercano di trasmetterne l’importanza anche ai lettori. Il processo è lento, ma chissà, un passettino alla volta…
    E riguardo alla tua ultima domanda, nessuno ha la ricetta giusta. In certi casi è fortuna, in altri perché si è seguito un percorso di studi e di vita molto particolare, in altri ancora perché si è partiti piano piano da case editrici più piccole. Quello che è certo è che bisogna essere tanto, ma tanto, tenaci.

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  4. Penso che la crisi dell’editoria sia dovuta anche ad una scarsa educazione alla lettura. Ad esempio di tutti i miei amici solo io leggo, e conosco pochissime altre persone coetanee che leggono, purtroppo.
    Allora ti auguro la fortuna di arrivare dove vuoi andare, e spero in futuro di leggere alcuni fantasy tradotti da te 🙂

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