IMPARARE A DIRE DI NO

(ovvero: Yes Man è solo un film)

Devo essere sincera, l’articolo che leggerai oggi non è quello che avevo pensato di scrivere. Volevo parlarti del mio rapporto con le lingue straniere, ma, mentre scrivevo, certi pensieri sugli avvenimenti dell’ultimo mese mi hanno fatta deviare e divagare.

Dopotutto, ormai ci siamo abituati ai contrattempi. Se fino a un paio d’anni fa contrattempi e cambi di programma erano dietro l’angolo, ora passeggiano al nostro fianco, e quando ne hanno voglia accelerano il passo, così che per star dietro ai loro capricci devi metterti a correre.

E così è stato per me in quest’ultimo mese. Non ho fatto altro che correre, non letteralmente, sia chiaro, perché lavoro incollata alla scrivania. Beh, le mie dita hanno corso isteriche e frenetiche sulla tastiera, cercando di stare dietro alle scadenze.

Ho detto troppi “sì”, ho accettato troppi lavori, e mi sono ritrovata a dover stare davanti al computer anche 12 ore al giorno. Mi svegliavo con l’ansia al mattino, preoccupata di perdere tempo a fare colazione, così che finivo per bere il tè già davanti al computer. Andavo a letto rimuginando su quanto non avevo fatto durante la giornata, chiedendomi se avessi spedito la fattura o il preventivo giusti, e faticando a prendere sonno. A un certo punto non mi sentivo più soddisfatta per aver tradotto 5000 parole in un giorno, ma mi chiedevo agitatissima quando avrei potuto revisionarle.

Ormai mi stavo facendo del male, sia mentale che fisico, e così ho deciso di prendermi tre giorni interi di pausa. È stata dura, perché mi arrivavano di continuo notifiche sul cellulare: messaggi, email, conversazioni in millemila piattaforme diverse… Ma sono riuscita a ignorare tutto e a non rispondere. Insomma, se i clienti sanno che sei reperibile 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, pretenderanno che tu lo sia davvero sempre, e non potrai mai prenderti una giornata libera. Una lavoratrice autonoma schiava del cliente. No, ti prego.

Non è facile dire di no. Hai paura che la gente possa pensare che non ti dai da fare, che fai la schizzinosa, che in realtà non hai voglia di lavorare.

Mi sono sentita dire di no centinaia di volte, perché, per una volta, non posso essere io a dire di no? Ne va della mia salute, e di quella di chi mi sta intorno. Immaginati di uscire per una colazione o un aperitivo con una persona irrequieta che sta sempre a controllare il cellulare e che quasi non ti ascolta mentre parli, perché pensa ai fatti suoi. Visto che, purtroppo o per fortuna, ne ho conosciute di persone così, mi sono fermata prima di finire come loro. Ho detto “no”. Mi sono fermata a respirare, ho mangiato con calma e non ho pensato al lavoro. È stato rigenerante.

Ora che lo so, il “no” diventerà un esercizio di positività e benessere. Un po’ come passeggiare lungo un fiume immersi nel verde.

Una rappresentazione grafica dei giusti “no”.

L’ho già detto che è rigenerante? Comunque, arrivata a questo punto, dovrò rivalutare di molto il mio atteggiamento al lavoro. Non posso permettermi di affrontare altri periodi come quello appena passato. Dovrò imparare a prendermi delle pause regolari, e correre le maratone di traduzione solo quando davvero ne vale la pena (qui entriamo nell’argomento spinoso del rapporto tra ore lavorate e compenso percepito).

Inizio una nuova settimana con la sensazione che potrei riuscire ad arrivare al venerdì senza strisciare sui gomiti. Fuori c’è anche il sole, cosa chiedere di più?

Alla prossima e… Avanti tutta!

3 Comments on “IMPARARE A DIRE DI NO”

  1. Il lavoro estremizzato porta inevitabilmente a trascurare la nostra persona e minare la nostra salute.
    E a quel punto non ci sono stipendi che bastano.
    Le spese mediche, le analisi di laboratorio e i farmaci correlati al tutto, sempre più cari, annullano ogni eventuale surplus ed ogni presunto e poi svanito guadagno.
    Un po’ come il ricatto Covid, che per non perdere mensilità o essere momentaneamente sospesi, ha esposto la maggior parte a diventare loro malgrado potenziali “malati a orologeria”.

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